Women Hold Up Half the Sky: un antico proverbio cinese recita che le donne sostengono l’altra metà del cielo. Con la forza, la tenacia, il coraggio, la perseveranza e la determinazione che ci contraddistingue.
Siamo donne dell’industria metalmeccanica: qualcuno si stupisce ancora di questo, come se potessero esserci cose da uomini e cose da donne. Come se potessimo davvero non essere all’altezza di certe situazioni. Ma siamo qui, a celebrare il frutto del nostro impegno, del nostro merito. Siamo ogni giorno quello che abbiamo scelto di essere. E ci auguriamo possa essere sempre così.
Abbiamo deciso di avviare una serie di interviste con le donne di CEPI, per svelarle una a una nella loro complessità ed eterogeneità, come dei metalli nascosti. E questi primi cinque metalli hanno intessuto un dialogo a cinque voci in cui emergono tutte le nostre diversità, le sfaccettature, i punti di vista, le idee. Siamo belle perché siamo così: sicure nel nostro progetto, portatrici di libertà e fiducia. E anche molto arrabbiate, per quello che continua a succedere alle donne, in Italia e nel mondo.
Ascoltare cinque Donne, così belle, così sincere: che fortuna e che emozione! Buona lettura.
Ecco una breve presentazione delle nostre interlocutrici, e a seguito, immediatamente spazio a tutto quello che hanno da dirci.
Silvia Dall’Agata
Silvia è ingegnere meccanico e ha una solida esperienza nell’Ufficio Commerciale di CEPI. Arrivata in azienda nel 2010 dopo il trasferimento da Torino, apprezza molto che in CEPI si lavori sempre per progetti e obiettivi nuovi. Silvia è dell’idea che i dipendenti riflettano in pieno la personalità dell’azienda. “In CEPI c’è uno stile, un modo di essere, che mi colpisce particolarmente, ed è l’umanità della nostra proprietà”.
Daura Graziani
Daura è entrata in CEPI nel 2020, in sostituzione a una figura storica dell’Ufficio Amministrazione, e si occupa di tutta la parte fiscale dell’azienda. Daura è una biker: ama percorrere chilometri in sella alla sua moto. “Quando tiri giù la visiera, è come se ti isolassi dal resto del mondo. Quello è il mio momento”. Daura ci racconta che ama viaggiare, perché si incontrano persone nuove e ci si può confrontare con realtà diverse.
Estelle Inna Mbiekop
Originaria della parte ovest del Camerun, Estelle è profondamente legata alle proprie radici culturali: durante l’intervista, ha scelto di indossare un colorato vestito della tradizione camerunense, il Kaba ngondo. Oggi, è mamma di due bimbi: Phide e Shane. Nel dialetto locale del suo paese d’origine, il medumba, i nomi dei suoi figli significano rispettivamente “pace” e “sole”, “brillare”. “Il nome dei miei figli è l’impronta digitale della loro personalità, io e il mio compagno abbiamo voluto questo. Con l’aiuto di mia nonna, ho trovato questi bellissimi nomi”.
Alice Rossi
Nonostante la giovane età, Alice è in CEPI già da 8 anni. Non potrebbe mai rinunciare agli animali: ha, infatti, tantissimi gatti e cani. Ha un ottimo rapporto con i colleghi. Alice lavora in Ufficio Acquisti: “il team è molto unito, sembra di conoscerci da sempre”, ci racconta, “e la vita lavorativa è intervallata anche da momenti di svago e qualche risata”.
Monica Valbonesi
Responsabile della Sartoria di CEPI, Monica è legata all’azienda dal 1997. Lavorava nel settore della moda e mai avrebbe pensato che potesse diventare una “sarta di silos”, come si descrive con chi le chieda di cosa si occupa. Ama stare in compagnia e cucinare.
Monica Valbonesi
1 – Raccontaci di te, del tuo arrivo in CEPI, dell’evoluzione di questi anni trascorsi in azienda. C’è stato un cambiamento, professionale e personale?
Estelle: Mi sono trasferita in Italia nell’agosto 2015 per frequentare l’università. In Camerun avevo studiato italiano e avevo ottenuto il diploma B2. Il mio arrivo in CEPI è stato nel 2019: sono entrata con uno stage di 6 mesi tramite Techné e poi, alla fine del tirocinio, mi è stato proposto un contratto. Ho accettato con felicità e ho iniziato a lavorare con Monia Vittori e Fabrizio Casetti. Inizialmente, mi è stato mostrato il lavoro dell’Ufficio Acquisti: archivi, bolle, rientro DDT. Poi, con Fabrizio, ho iniziato a occuparmi di manualistica, compilando i manuali in tutte le lingue. Dopo un paio d’anni, Fabrizio mi ha insegnato anche come fare il controllo qualità delle forniture in produzione, come si applicano le etichette, come si attribuiscono le matricole alle nostre macchine. L’anno scorso ho iniziato a supportare Stefania Montalti nella creazione dei manuali, lato grafico. Al rientro dal congedo di maternità, ho sentito la necessità di andare oltre: ho chiesto di potere diventare anche programmatrice. E così, ho seguito un corso di formazione sul PLC. Sono una persona molto curiosa, dinamica, oltre che disponibile e mi piace dire che io non conosco nulla e chiedo sempre. Se mi si spiega come si fa o come funziona una cosa, imparo velocemente”.
Daura: Sono in CEPI da marzo 2020, in sostituzione di una figura storica che aveva in mano tutta la gestione a livello amministrativo. Mi occupo nello specifico della parte fiscale in CEPI: contabilità, dichiarazioni, bilanci, pagamento tributi, tasse, con una visione sulla registrazione fatture passive e, in parte, le attive. Più i controlli di tutta la contabilità ai fini del bilancio finale. Il mio lavoro mi piace molto, mi dà la possibilità di spaziare molto tra varie attività. Il mio ingresso in azienda è avvenuto subito prima del primo lockdown, poi c’è stato il trasferimento nella nuova sede di Via Selva. Dal trasferimento, ho finalmente iniziato a vedere e conoscere le persone con cui lavoro! Con i miei colleghi c’è buona sintonia, durante le pause cerco, se posso, di cambiare stanza e scambiare due parole con gli altri.
Silvia: Il trasferimento da Torino a Forlì nel 2010 ha rappresentato un momento di grande cambiamento della mia vita. Tornare nella mia città d’origine mi ha consentito di avvicinarmi alla mia famiglia, ma non solo. Entrando in CEPI, ho ritrovato conoscenze di vecchia data! Per me, che avevo lavorato in multinazionali metalmeccaniche legate all’automotive, iniziare a lavorare in CEPI ha rappresentato una novità, ma anche una scoperta: è stato bello vedere che dietro all’industria alimentare ci sia un mondo di business, prodotti, persone e processi. Sono felice del cambiamento, oggi sono vicino alla mia famiglia, che mi è stata sempre vicino nella gestione di mio figlio.
Da quando sono qui, l’azienda è cresciuta e la tendenza è sempre stata molto positiva. Questa è una grande fortuna. Inizialmente, ho iniziato a viaggiare affiancando figure storiche, ho acquisito esperienza e dimestichezza. Poi, mi è stata data fiducia e ho iniziato a gestire in autonomia i miei clienti e i miei agenti; si è creato un legame molto forte. In più, vedevo l’effetto positivo del mio lavoro sui mercati e i progetti che seguivo.
Monica: Nel 1997 CEPI era una famiglia: eravamo 30! Ho iniziato a lavorare nel capannone di Risignano. Il primo silos lo abbiamo realizzato io e Piero (Ceccarelli, nda), facendo le nostre prove e i nostri errori. Sono praticamente nata in CEPI, ma prima lavoravo nel settore dell’abbigliamento, sempre come sarta. Poi Giancarlo (Riccardi, nda) mi chiese se mi potesse interessare fare la sarta in CEPI. Certo, in questi 25 anni le cose sono cambiate. Tra colleghi, prima ci frequentavamo molto: eravamo meno, una squadra molto unita. In più i tempi sono cambiati: eravamo più giovani e con molti meno impegni; oggi, tra famiglia e lavoro, è tutto più complicato.
Alice: Sono arrivata in CEPI nell’aprile 2015. Avevo terminato la scuola la un paio d’anni e non avevo ancora trovato lavoro, ho sempre aiutato mia madre a casa nella gestione della famiglia e dei miei nonni. Ho iniziato l’esperienza con un tirocinio e da lì… eccomi qua. L’Alice degli inizi era immatura e diversa, anche nel modo di ragionare. Quello in CEPI è stato il mio primo “vero” lavoro a tempo pieno, ha rappresentato un vero e proprio cambio di rotta nella mia vita. In 8 anni sono cambiate tantissime cose: ho acquisito la mia indipendenza, ho più consapevolezza della vita, cosa che, al giorno d’oggi, non è così semplice vedere tra i giovani. Credo che l’educazione trasmessa dai genitori influisca molto su questo: è l’autoresponsabilità a mancare. Subito dopo il mio arrivo in CEPI, sono stati assunti anche molti coetanei, che ho avuto modo di conoscere in pausa pranzo. La pausa era un momento di confronto e socializzazione prezioso perché conoscevo poche persone e in ufficio erano tutti più grandi di me.
Daura Graziani
2 – Come ti relazioni all’industria metalmeccanica e com’è essere una donna in CEPI?
Estelle: Le mansioni definite maschili mi sono sempre piaciute molto, a tal punto da dire a me stessa: “Perché non posso fare un lavoro tradizionalmente maschile, ad esempio, l’ingegnere, solo perché sono una donna?”. E così mi sono iscritta a Ingegneria Edile. In CEPI, i miei colleghi mi hanno dato tutti gli strumenti che mi servivano per partire, e sono partita, senza alcun problema a inserirmi, né a lavorare, nell’industria metalmeccanica. Le donne in CEPI sono appena un terzo del totale dei dipendenti, ma sono molto tutelate. Abbiamo la fortuna di lavorare in un ambiente in cui si sta bene e ci si diverte… manca solo un po’ di musica!
Daura: Per fortuna, in CEPI non vedo differenze tra uomo e donna. Il mio lavoro non prevede interazioni con tutti i reparti, mi interfaccio solo con qualcuno dei miei colleghi. Dalla mia posizione non vedo differenze.
Silvia: Credo che, mediamente, le persone che lavorano in CEPI siano persone con le stesse caratteristiche. Un’azienda ha i dipendenti che rispecchiano lo stile della proprietà. Dall’accoglienza si inizia a respirare positività e ordine: è una cosa che mi capita spesso di vedere anche durante le visite ai nostri clienti esteri, in Francia, ad esempio. In CEPI c’è uno stile, un modo di essere: l’azienda si appoggia su pietre miliari come umanità, rispetto delle persone, autonomia e forte senso di responsabilità (ripagato al 100%) dei dipendenti. Lavorare in CEPI significa essere apprezzato per quello che fai e avere libertà di gestione nel farlo. Libertà e fiducia. Uno dei tanti aspetti positivi dell’essere in CEPI è che si lavora sempre su nuovi progetti. Ad esempio, negli anni sono tante le tematiche e le iniziative introdotte: mi sono avvicinata alla sostenibilità, alla comunicazione, alla parità di genere. Per fortuna, non mi sono mai sentita particolarmente discriminata come donna, o magari non me ne sono mai voluta accorgere. Provengo da un percorso di studi e da un settore prettamente maschile. Il mio impegno e senso del dovere mi hanno sicuramente aiutata in questo, sia professionalmente che personalmente. Non solo: dopo anni di esperienza, oggi posso dire di avere anche un riconoscimento sotto quel punto di vista.
Monica: Fuori da CEPI, quando racconto che sono una “sarta di silos”, la gente mi guarda stranita. Mi rendo conto che molte persone non abbiano idea di cosa sia un impianto di stoccaggio e soprattutto di cosa ci possa entrare una sarta con i silos. I lavori maschili, come sollevare un peso o usare il muletto, non mi hanno mai spaventata; sono molto orgogliosa e ho sempre preferito arrangiarmi, anche perché sono cresciuta in mezzo agli uomini. In ogni caso, la forza delle donne non è equiparabile a quella di certi uomini – alcuni hanno una soglia di sopportazione molto bassa!
Alice: In certi ambiti, affermare che sei una donna che lavora nel settore metalmeccanico, può suonare dissonante. Ma in CEPI, per fortuna, non è così. In Ufficio Acquisti, poi, siamo per il 75% donne! Siamo molto più valorizzate che altrove, qui le donne sono prese molto in considerazione. In altre aziende, magari, una donna in magazzino o in produzione potrebbe suscitare scalpore.
Estelle Inna Mbiekop
3 – Figlie, mamme, amiche, compagne e lavoratrici. Come definisci il tuo equilibrio personale tra questi ruoli?
Estelle: In CEPI viene data la possibilità alle mamme di stare con la famiglia senza problemi, senza vincoli o costrizioni. È un’azienda all’avanguardia che capisce e rispetta i bisogni dei suoi dipendenti. Sono felice e soddisfatta.
Daura: Non ho figli, ma vivo con mio padre, ho in mano io la gestione della casa. Senza figli, ho sicuramente più libertà, si tratta solo di organizzarsi con gli orari per accompagnare mio padre a eventuali appuntamenti o visite.
Silvia: Mi faccio aiutare molto. Le famiglie mia e di mio marito sono state sempre molto presenti e di grande aiuto nella gestione di nostro figlio. Entrambi abbiamo puntato molto sulla carriera, però sempre con molta serenità. Sono stata fortunata perché ho sempre trovato realtà dove poter integrarmi e fare il mio lavoro, forse il mio spirito di adattamento mi ha aiutata. Sono una persona aperta, disponibile e indipendente: non sono legata a spazi, luoghi e abitudini, non mi piace avere vincoli, nemmeno nei rapporti interpersonali, ma credo fermamente nel rispetto, che è fondamentale per coltivare le relazioni.
Monica: L’equilibrio famiglia-lavoro non è mai stato un problema. Io e mio marito abbiamo orari di lavoro che ci hanno sempre consentito la migliore gestione di nostro figlio. In più, la mia fortuna è stata quella di avere sempre avuto la massima disponibilità da parte dell’azienda, per qualsiasi esigenza personale.
A casa, ci suddividiamo i compiti senza problemi: a mio marito piace dedicarsi delle pulizie, mentre io faccio la spesa e preparo da mangiare. In più, lui fa anche le lavatrici… Così dovrebbe essere per tutti!
Alice: La gestione delle situazioni sia a casa che al lavoro non mi ha mai creato problemi.
4 – Parità nel lavoro, ma anche fuori: dove ti senti posizionata? Qual è la tua percezione, oggi, dei rapporti di genere?
Estelle: Nel mio paese d’origine, la situazione è molto diversa. Arrivata in Italia ho imparato in fretta che siamo quasi tutti uguali e che dobbiamo rispettare le opinioni altrui. Ad esempio, in una situazione analoga in Camerun, non avrei mai pensato di dare del “tu” al mio responsabile o a una persona più grande di me.
Daura: In Italia abbiamo ancora tante problematiche. Banalmente, quando le persone mi vedono con la moto, spesso stentano a credere che possa essere mia. Negli ultimi anni, le donne biker sono cresciute in modo esponenziale, ma ancora c’è tantissima strada da fare. Basti pensare che in MotoGP c’è solo una pilota donna. Guardando alla cronaca quotidiana, in Italia ci sono tanti brutti pensieri e mentalità troppo arretrate. Non è così ovunque, ma in molti ambiti sì. Siamo ancora lontani dalla parità effettiva, anche in termini retributivi.
Lo si vede anche nel fatto che la gestione della casa e figli ricade ancora nella maggior parte dei casi sulle spalle delle donne. L’automatismo di dividerci i compiti spesso manca.
Silvia: Sinceramente speravo che l’ambire alla parità di genere fosse una questione superata, ma la quotidianità ci dice il contrario. Le violenze e i delitti che ogni giorno arrivano alle nostre orecchie mi preoccupano: non è tanto questione di uguaglianza, qui parliamo delle basi del rispetto. Senti dal telegiornale che è stata uccisa un’altra donna e ti dici “Ah, un’altra.” Non dobbiamo abituarci alla violenza, non deve e non può diventare parte della normalità.
È una situazione difficile da accettare ed è altrettanto complicato pensare come possa essere superata se non con un’educazione proveniente sì dai genitori, ma anche dalla società. Io sento una grande responsabilità, come madre di un ragazzo, di insegnargli la giusta percezione delle ragazze. Però, a 14 anni, lui non sta solo con me. Per quanto non sia facile, cerco di affrontare il più possibile l’argomento con lui. Ho sempre paura che assorba comunque idee maschiliste da altri contesti.
Monica: Come dicevo prima, ho una personalità molto orgogliosa e trovo inconcepibile che una donna non possa occuparsi di lavori considerati maschili. Personalmente non percepisco divari, ma mi rendo conto che non in tutti gli ambienti sia così: molti uomini hanno un’opinione della donna molto bassa, per loro non è scontato che la donna sia al pari dell’uomo, che riesca a fare le stesse cose o essere addirittura a comando. Le cose cambiano, ma lentamente.
Alice: Oggi essere una ragazza e uscire da sola, magari di sera, non è facile: personalmente, ho paura di alcune situazioni e quindi le evito oppure mi muovo in compagnia. C’è un problema di mancanza di educazione: bisogna insegnare ai figli il rispetto delle donne, e che le donne non sono diverse dagli uomini.
Silvia Dall’Agata e Giulia Raggi
Jacopo, invece, oltre a definirsi lavoratore, ci parla di solarità e altruismo alla base della sua persona. Altruista un po’ come Davide, a cui piace anche portare serenità alle persone. Sull’altruismo, però, sia Jacopo che Davide convengono che non sia facile stabilire se si tratti di un pregio o un difetto. “Sono molto altruista e sono fiero di esserlo, ma molti se ne approfittano purtroppo”, confessa Jacopo e conferma Davide: “Il mio carattere altruista è fatto così: per fare stare bene una persona, piuttosto mi privo io di qualcosa. Questo mi è costato, molte persone usano il tuo altruismo ai propri comodi”. Stefania ed io, quasi a volerli rincuorare, li rassicuriamo sul fatto che si tratta di una magnifica dote e che, crescendo, risulterà loro più facile dosarlo, capendo chi lo meriti e chi meno.
Ci piace ribadirlo: questi ragazzi portano positività. Una positività che abbraccia forte il concetto di altruismo, di collaborazione e aiuto reciproco. Non solo fra coetanei, ma anche tra generazioni. E forse è proprio questo abbraccio che li porterà a un sereno equilibrio personale e professionale. CEPI crede fermamente nei giovani e lo fa concretamente attraverso il legame con le scuole del territorio (scopri qui alcuni dei nostri progetti attivi). Il rapporto tra generazioni, aperto e sincero, può essere tale se si basa su importanti pilastri come la reciprocità, l’attitudine all’ascolto e la condivisione della propria generosità. Grazie di cuore, ragazzi, per affidarvi e fidarvi di noi. Per noi questo è motivo di gioia ed è anche una grande responsabilità. Ci impegneremo sempre a coltivare la vostra voglia di sognare.
Alice Rossi
7 – Ti piace viaggiare? Quale sarà il prossimo viaggio che farai?
Estelle: Mi piace viaggiare. Da quando abito in Italia, sono stata in Francia e in Belgio. In Italia ho visto paesaggi bellissimi. Quest’estate sono stata in Trentino al Lago di Molveno, vicino ad Andalo. La prossima meta, probabilmente, sarà la Puglia.
Daura: Viaggiando puoi incontrare persone nuove e belle persone che ti arricchiscono sempre e che ti lasciano qualcosa. Puoi confrontarti e conoscere realtà diverse, vedere posti nuovi. L’estate scorsa siamo stati una settimana in Salento ed è stato molto piacevole. La meta del prossimo viaggio sarà, teoricamente, la Sardegna, ma non so ancora. In alternativa, valuterò se fare un viaggio da sola. Molte donne lo fanno e attira molto anche me.
Monica: Con la famiglia abbiamo fatto più che altro viaggi in Italia, ma l’importante è con chi sei, non dove vai. E comunque l’Italia è bellissima. Ci piace andare al Conero o in Puglia…
Alice: Sì, viaggiare mi piace, ma quando devo partire c’è sempre l’incognita a chi affidare la cura dei miei animali. La preparazione mi mette sempre ansia, sono molto apprensiva con i miei animali: a chi li lascio? Come faccio? Solitamente, li affido a mio babbo e alla mia vicina. Alla fine, stanno sempre benissimo. Marche e Abruzzo mi piacciono molto. Mia madre ha dei cugini là, andiamo spesso a trovarli. Mi piacerebbe visitare anche Sud Italia e Sardegna. Da quando sono stata in ospedale, mia madre e io facciamo una vacanza all’anno insieme.
8 – Cosa ci dici per concludere questa bella chiacchierata?
Estelle: Dans la vie il faut toujours oser. Si tu n’oses pas, tu ne peux jamais savoir quels sont tes limites.
Daura: Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi (Marcel Proust).
Silvia: L’abitudine rende sopportabili anche le cose spaventose (Esopo)
Monica: E pensare che domani sarà sempre meglio (Vasco Rossi)
Alice: Se hai voglia di fare una cosa oggi, falla adesso. Non c’è motivo di rimandare.
La modernità è esigente, ci chiede di vivere una dimensione del tempo diversa da quella che, tradizionalmente, vivono gli uomini. Eternamente in bilico tra lavoro produttivo e lavoro riproduttivo e di cura. Spesso divise tra il desiderio di procreazione, l’ansia di essere delle buone madri, l’aspirazione a realizzarci professionalmente e ad essere economicamente autonome. Abbiamo abdicato al nostro tempo per donarlo agli altri, faticando a imporre il nostro tempo e a trovarne per noi stesse.
Alle donne si chiede tempo. Si chiede di conciliare i tempi, di essere multitasker. Grandi lavoratrici competitive con i colleghi uomini, brave madri e compagne, amiche e figlie presenti. In bilico e di corsa, a volte siamo costrette a scelte drammatiche. Un altissimo tasso di inattività femminile ci rivela che, spesso sfiduciate, molte donne hanno rinunciato a cercare occupazione o attività. Un bassissimo tasso di natalità ci avverte invece che ora più che mai le donne vanno sostenute. Nel nostro piccolo, è quello che cerchiamo di fare. Lentamente, cambia: del resto, un viaggio di mille miglia inizia da un solo passo.
Giulia Raggi
29 Novembre 2023