Per la seconda edizione della rubrica Metalmeccaniche, un dialogo con le donne in CEPI, abbiamo scelto il mese di marzo. Una scelta per nulla casuale, quasi a volerci ricordare a vicenda che marzo non è solo il mese in cui si celebra la Festa della Donna. Marzo è molto di più!

Quella che comunemente viene definita la Festa della Donna è, in realtà, la Giornata Internazionale della Donna: per noi un appuntamento, così ci piace definirlo, che ci sollecita, anno dopo anno, a celebrare i nostri progressi, dando uno sguardo al passato, ma che soprattutto ci offre spunti per il futuro. Come anche le donne di CEPI ci hanno detto, l’impegno per la parità di genere dovrebbe andare oltre marzo, ed è oltre marzo che vogliamo estendere il nostro lavoro.

Con le nostre Metalmeccaniche abbiamo inevitabilmente parlato dell’8 marzo, ma ci siamo poi allontanate dagli stereotipi legati a questa giornata, e insieme abbiamo costruito un dialogo in cui le voci di queste cinque fantastiche donne sono emerse con la loro unicità e forza, proprio come dei preziosi Metalli Nascosti che si svelano.

Leggendo l’intervista, vedrete che abbiamo spaziato dalla Giornata Internazionale della Donna alla riflessione sulle “noi” di oggi immaginate del secondo dopoguerra, passando poi a una citazione di Naomi Alderman (scrittrice, blogger e autrice di videogiochi britannica). La citazione ci è sembrata forse un po’ complessa e, inizialmente, ci siamo un po’ pentite di averla proposta, perché l’ironia non era così esplicita. Alla fine, in realtà, ha fatto emergere spunti e argomentazioni molto interessanti. 😉Infine, abbiamo chiesto alle nostre colleghe di raccontarci del loro rapporto con le faccende domestiche e i “lavori di casa”. Le risposte sono state curiose: leggete l’intervista per scoprirle!

Stefania Benazzi

Ecco una breve presentazione delle nostre interlocutrici, e a seguito, immediatamente spazio a tutto quello che hanno da dirci.

Stefania Benazzi

Diplomata in Ragioneria nel 2004, Stefania è stata assunta in CEPI a pochi mesi dal diploma. Possiamo dire che abbia trascorso “mezza vita” in CEPI! Assunta per sostituire una dipendente in maternità, Stefania si occupava inizialmente di registrazione DDT e fatture dei fornitori. Poi è passata alle fatture dei clienti, fino ad arrivare all’Ufficio Logistica, dov’è tuttora, facendo fare all’ufficio un forte salto di qualità dal punto di vista organizzativo. Stefania adora viaggiare e “cambiare aria”, ama cucinare ed è appassionata di vini, soprattutto rossi. È un’amante delle cose semplici: le basta poco per essere felice.

Loredana Bravaccini

Entra in CEPI nel 2005, iniziando nel reparto Sartoria. Dopo circa tre anni, inizia la sua grande avventura in Officina. “Mi sono ritrovata in un mondo che non conoscevo, ma che mi è subito piaciuto, anche grazie a certi colleghi che non hanno fatto discriminazioni sul fatto che ero una donna. Trapani, torni, flessibili, avvitatori e tutto quello che riguardava la lavorazione manuale: per me, era come essere Alice nel Paese delle Meraviglie!”😊

Parallelamente, Loredana inizia a seguire l’attrezzatura, controllando, registrando ed eventualmente riordinando tutto il materiale fornito ai ragazzi dell’Officina, per esempio l’abbigliamento e i DPI. Non solo: si preoccupava anche di mettere a posto il materiale negli scaffali e prepararlo per i ragazzi che lo dovevano saldare. Poi, per Loredana è iniziata un’altra grande avventura: quella in magazzino. “Il mio compito principale è controllare i materiali per le lavorazioni e fare presente all’Ufficio Acquisti se c’è del materiale mancante, ma faccio anche tanto altro!”.

Loredana racconta di essere una persona abbastanza tranquilla, ma che non sopporta essere presa in giro, specialmente nel lavoro, né chi non sa quello che dice. Si definisce una persona attenta alla sua famiglia: “da poco sono diventata nonna ed è una bellissima esperienza! Mi piace leggere, lavorare all’uncinetto, amo il mare e, quando possibile, mi piace fare lunghe passeggiate”.

Nataliia Danylova

Classe 1985, ha studiato sia presso l’Università di Kyiv conseguendo il titolo di traduttrice e insegnante di Giapponese e Inglese che presso l’Università di Bologna (Master in Scienze Politiche). Nataliia è in Cepi dal 2016. Ha iniziato come Receptionist e supporto all’Ufficio Acquisti, per poi approdare all’Ufficio Commerciale, dov’è tuttora e dove si occupa di spare parts, coprendo quasi tutto il mondo.

Asia Verni

Ha 23 anni e ha frequentato l’istituto tecnico industriale Marconi, indirizzo meccanica, passione che le ha trasmesso suo padre fin da piccola. Asia è, infatti, da sempre appassionata al mondo della meccanica: ricorda che quando era piccola non vedevo l’ora di essere a casa per “sporcarsi le mani” con suo padre.

Con gli anni e con l’ingresso in CEPI nel 2016 con il programma dell’alternanza scuola-lavoro, Asia ha poi scoperto la passione per la saldatura: la soprannominavano “Alex” proprio perché, come la protagonista di Flashdance, saldava e ballava. “Era un’emozione unica, difficile da spiegare, ma quando entravo in officina con la mia salopette blu mi sentivo forte; avevo una responsabilità importante, dimostrare a tutti che anche in un lavoro prettamente maschile, io sarei stata in grado di ottenere ottimi risultati grazie al mio impegno e la mia precisione”. A novembre 2019 Asia approda in Ufficio Tecnico per sostituire un collega: “iniziai l’esperienza con la paura di non appartenere al mondo dell’ufficio, ma con gli anni mi sono accorta che il mio ufficio mi dà la possibilità di avere una conoscenza molto più ampia del lavoro e, allo stesso tempo, ogni volta che mi è possibile, condivido con mio padre momenti nella nostra officina, vivendo momenti in cui solo noi possiamo capire per l’affinità che abbiamo”.

Noemi Visotti

Noemi esce dalle scuole superiori come analista contabile e nel 2000 entra a far parte di CEPI. L’inizio del suo percorso la vede come Segretaria Amministrativa in Reception: nelle sue mani c’è anche tutta la gestione della Medicina del Lavoro.

Nel 2018 accetta una proposta lavorativa con più responsabilità e così, oltre a continuare a seguire la Medicina del Lavoro, con timore, ma anche con gioia per la fiducia che l’azienda le aveva dato, Noemi passa a occuparsi dell’amministrazione degli artigiani, in parte pre-trasferta, ma soprattutto post-trasferta. Negli anni, la crescita dell’azienda ha fatto sì che la parte di Medicina del Lavoro passasse ad altre persone.

“A 40 anni ho deciso di rimettermi a studiare come operatrice olistica. E così, per due anni, ho trascorso la settimana dedicandomi al lavoro e alla palestra, per me stessa, e i week-end li ho passati immersa nello studio, specializzandomi in Riflessologia Plantare e Cranio sacrale. Devo dire che è un mondo meraviglioso, soprattutto quando le pratico sui bambini”. Noemi ci racconta di essere sempre stata una ragazza solare e di amare tutto ciò che lo è.

Loredana Bravaccini

1 – 8 marzo: cosa ti suscita questa data? Percepisci un cambiamento nel come si celebra e cosa se ne dice, rispetto ad anni fa?

Stefania: L’8 marzo non è la nostra giornata. Conosco la storia che c’è dietro a questa data e proprio per questo, nell’ottica di un discorso basato sulla parità di genere, mi sento di dire che il nostro festeggiamento è tutti i giorni.

Quando ero più giovane festeggiavo la Festa della Donna, ma con l’età adulta ho iniziato a non collegare più l’8 marzo a un momento di celebrazione del genere femminile.

Il cambiamento nella percezione di questa data, secondo me, è concreto. Le cose sono cambiate, probabilmente perché il parlarne troppo sminuisce ciò che dovrebbe essere la normalità della cosa. Quando qualcosa viene enfatizzato, ecco che non è già più qualcosa di “normale”.

Loredana: Marzo è il mese internazionale dei diritti delle donne. L’8 marzo rappresenta una tappa importante, con tutto quello che le donne subiscono e hanno subito in termini di situazioni lavorative, familiari e domestiche. Non associo l’8 marzo alla mimosa, anche se è un piccolo dono che mi fa piacere ricevere, soprattutto quando proviene da mio marito e mio figlio.

È una ricorrenza a cui tengo silenziosamente, non lo do a vedere. Lo festeggio intimamente e interiormente.

Nataliia: Questa giornata la associo a quando ero bambina: la mimosa aveva una forte connotazione comunista nella cultura sovietica. Quando sono arrivata in Italia nel 2011 mi ha sorpreso il fatto che questa tradizione esistesse anche qui.

Nei miei ricordi di bambina di quando vivevo in Ucraina, 30 anni fa, l’8 marzo era una ricorrenza che definirei superficiale: la donna lavorava come un mulo 364 giorni l’anno, e poi, per un giorno, festeggiava, in maniera del tutto decontestualizzata. Oggi, posso dire di non festeggiare l’8 marzo. Invece, mi riunisco quando possibile con le mie amiche. Viviamo tutte in paesi diversi, vedersi non è semplice e richiede tanta organizzazione. Ci si vede quando le nostre agende lo permettono. Quest’anno, faremo una reunion in Portogallo!

Asia: Molti colgono l’8 marzo come pretesto per fare festa. Credo che uscire con le proprie amiche per “festeggiarsi” sia giusto, ma occorre anche dare importanza a questa occasione.

Ritengo sia una data storicamente importante, anche se vedo situazioni molto generalizzate. Riguardo alla mimosa, penso che, se viene regalata tra donne, abbia un significato completamente diverso. Da un uomo, preferisco essere trattata bene tutti i giorni e penso sia più importante quello rispetto a un mazzo di fiori.

Non percepisco, però, grandi cambiamenti dietro all’approccio verso l’8 marzo. Giusto nell’ultimo periodo, forse, alla luce anche dei fatti di cronaca, se ne parla un po’ di più e con una maggiore sensibilità.

Noemi: Festeggiavo l’8 marzo una volta, ora non più. Crescendo, ho capito che la donna deve essere sempre festeggiata per tutto quello che ha acquisito con fatica nel corso degli anni.

Un cambiamento è assolutamente tangibile. In passato, l’approccio alla Festa della Donna era più blando, un pretesto per fare baldoria. Oggi, tutto questo non ha più senso. La percezione verso l’8 marzo è che sia una ricorrenza triste e fredda. Non viene attribuito il giusto valore a questa giornata.

Nataliia Danylova

2 – A marzo si parla molto di diritti. E a proposito di diritti, le donne hanno votato per la prima volta in Italia nel 1946, prima alle elezioni amministrative e poi a quelle per l’Assemblea Costituente. Riesci a immaginare la “Te” di oggi nel secondo dopoguerra?

Stefania: Non riesco a vedermi trasportata in quell’epoca: faccio tanta fatica a pensarmi in un’altra situazione o in un altro paese. Sono stata sempre molto indipendente e abituata a ragionare nell’indipendenza. Per me, è difficoltoso, quasi impensabile, cercare di immedesimarmi in quell’epoca, anche perché costruisci il tuo “senso di sé” nella tua persona.

Penso ai miei genitori, che hanno tra i 70 e gli 80 anni: hanno condotto una vita di stenti, vivendo in un modo completamente diverso rispetto al nostro concetto di “godersi la vita”. Non hanno viaggiato, non si sono mai spostati dall’Italia, hanno sempre lavorato come dei matti… Le differenze rispetto alla mia generazione sono estremamente grandi.

Loredana: Immaginarsi in quel contesto è estremamente difficile. Con il mio carattere, poi, penso proprio che sarebbe stata dura. Ti porto rispetto se tu me ne dai… una volta noi donne non avevamo voce in capitolo, su nulla. Ringrazio di non appartenere a quell’epoca: mia mamma, che ha 92 anni, un giorno mi raccontò che si prese uno schiaffo da sua mamma, a 30 anni, per essere andata al cinema con un’amica.

Eravamo considerate degli oggetti, i nostri compiti erano fare figli, servire e custodire la famiglia. Mia nonna aveva 13 figli da accudire, io oggi ho 13 distinte da creare. 😊

Nataliia: Nel secondo dopoguerra, in Ucraina il movimento femminista era fortissimo. Le donne che vivevano in città lavoravano già in fabbrica, mentre quelle che vivevano in campagna spesso lavoravano nei Kolchoz, fattorie agrarie sovietiche collettive. Gli uomini erano poco presenti nella vita domestica quotidiana, mentre le donne dovevano sia lavorare che accudire la famiglia, i figli. Il risultato era un carico di lavoro molto sproporzionato a sfavore delle donne: la situazione era molto faticosa.

Non riesco davvero a pensarmi in Ucraina, in quel periodo. Io e mio fratello siamo stati molto fortunati: i nostri genitori ci hanno chiesto cosa volessimo fare nella vita. Io ho potuto fare quello che desideravo, cioè studiare Lingue. Ai tempi dei miei nonni, ma anche dei miei genitori, la situazione era anni luce più arretrata. Ho un ricordo di quando ero piccola: si tratta del libro di economia domestica di mia nonna. Ricordo che i contenuti mi sembravano così difficili! Quel libro spiegava come lavare la biancheria, stendere le lenzuola, come sbiancare e inamidare le tovaglie.

Mi è rimasta impressa anche una delle prime conversazioni tra mia madre e mia suocera (la madre di mio marito), che è italiana. Non solo appartengono a due culture molto distanti, ma anche a due mondi completamente diversi: riferendosi agli anni Novanta, mia mamma raccontava che in casa non si aveva ancora la lavastoviglie, cosa che a mia suocera pareva stranissima.

Asia: Da una parte, spesso mi capita di pensarmi ribaltata in quell’epoca e penso che mi piacerebbe vivere nel passato. La mia generazione (Generazione Z) è stata molto fortunata e spesso noi giovani non ci rendiamo conto dei sacrifici che ci sono dietro al nostro star bene. Ad esempio, quando ero piccola, andare al mare con la mia famiglia mi sembrava scontato e forse non attribuivo nemmeno il giusto valore a quello che poteva essere, invece, un sacrificio per i miei.

Soprattutto durante il periodo del Covid mi sono accorta di tutte le fortune che ho, come per esempio l’abitare in campagna. I miei nonni mi raccontavano che da bambini passavano magari un pomeriggio intero a giocare coi sassi. Questo può suonare strano a un giovane d’oggi, ma in realtà si costruivano cose bellissime con poco a disposizione.

Per come sono fatta io, emotivamente parlando, nel secondo dopoguerra forse avrei fatto molta fatica a sostenere alcune situazioni che mi avrebbero fatto stare veramente male. Sono convinta che le persone di quella generazione abbiano costruito una corazza attorno a sé stessi. Oggi viviamo in un contesto diverso e quindi diamo anche un peso diverso a ciò che ci accade. Da un lato, il presente è più triste, sicuramente 70 anni fa c’era più dialogo e si comunicava di più.

Noemi: Il mio essere ribelle non sarebbe stato di certo apprezzato, anzi, sarei stata messa a tacere. Probabilmente sarei esplosa.

Asia Verni

3 – La citazione seguente è tratta dal romanzo The Power di Naomi Alderman. “Il genere è come il gioco dei bussolotti. Che cos’è l’uomo? E’ tutto ciò che non è una donna. Che cos’è una donna? E’ tutto ciò che non è un uomo. Se dai un colpetto sul bussolotto, suona vuoto. Se giri il bussolotto, non trovi niente”. Come la commenteresti?

Stefania: Non mi ritengo una femminista. Sono per la meritocrazia: se hai la parola e ti meriti più di me, allora credo sia giusto così. Dove sta scritto che alcuni lavori sono da uomo e altri da donna? Chiaramente, per una questione di biologia, l’uomo nasce fisicamente più forte, ma chi mi dice che una donna che pratica body building non possa fare le stesse cose e avere la stessa forza fisica, se non di più?

Nel mio quotidiano, mi è capitato di imbattermi in un bussolotto, cioè in uno stereotipo. Alcune persone strabuzzano gli occhi quando dico loro che sono la Responsabile della Logistica di un’azienda. Agli occhi di molti, è raro che questa figura sia rivestita da una donna.

Loredana: Non è una frase del tutto sbagliata, bisogna però chiarire che non tutti gli uomini e le donne sono uguali. Il genere è una costruzione sociale: l’involucro ti confonde, poi sotto a quello c’è il nulla.

Nataliia: Secondo me la citazione non è vera: non penso proprio che il genere sia qualcosa di assoluto.

Asia: E’ una citazione che apre vari scenari e punti di vista. Una di queste, è che ognuno di noi, al proprio interno, ha un mondo diverso da tirare fuori. A volte capita che siamo bloccati per paura di sbagliare, di non essere accettati o adeguati a una determinata situazione.

Noemi: Credo che questa affermazione non sia vera. La tesi secondo cui uomo e donna sono visti come generi separati non può essere assoluta.

Certo, le donne sono portate a svolgere determinate azioni e gli uomini lo sono per altre. Ma non è detto che gli uomini non possano occuparsi di ciò di cui si occupano le donne e viceversa. È tutta questione di trovare un giusto equilibrio.

Noemi Visotti

4 – C’è qualcosa che ti piace fare in casa? Ti piace occupartene oppure tendi a sbrigare in fretta le faccende domestiche per dedicarti ad altro?

Stefania: Sono fiera di potermi definire un’azdora! Sono una donna di casa, psicopatica dell’ordine. Adoro tenere in ordine la casa, pulisco, cucino, faccio qualsiasi cosa, ma non chiedetemi di stirare.

L’ordine, al lavoro come a casa, per me è fondamentale.

Loredana: Sì, mi piace pulire casa. Faccio di tutto, anche se a causa di un problema di salute non posso maneggiare la farina: e devo dire che i miei amati tortelli mi mancano tantissimo.

Ho anche tanti hobby, però. Mi dedico all’uncinetto, alla cura del giardino e adoro leggere. Uso molto l’e-book, ma il fascino che hanno i libri di carta, il rumore delle pagine…quello sarà per sempre ineguagliabile.  L’e-book è comodo, ma la carta ti rimane.

Nataliia: Con mio marito, abbiamo rigorosamente diviso i compiti a metà: una settimana mi occupo di tutto io e quella successiva si occupa di tutto lui.

Asia: Preparare da mangiare mi ha sempre appassionato. Sono cresciuta con mia nonna ed è grazie a lei se la prima sfoglia l’ho tirata a cinque anni! Cucinare è una delle cose che più mi lega a mia nonna e la sento molto.

Mi piace molto anche occuparmi della casa, perché mi fa sentire indipendente. Sono andata a convivere da poco e, da un momento all’altro, mi sono trovata a dovermela sbrigare da sola. Certo, la domenica mi piacerebbe anche stare a letto, ma so che per dovere devo alzarmi e riordinare casa. Una volta portato a termine il compito, mi metto soddisfatta sul divano a guardare le mie serie preferite, questo mi dà soddisfazione.

Pulire casa è una cosa che condivido con il mio compagno: siamo tutti e due dell’idea che ci dobbiamo venire incontro e trovare una soluzione insieme. Nel 2024 è giusto trovare una soluzione! Alcuni momenti si possono condividere e, perché no, si possono fare anche in armonia e divertendosi.

Noemi: Adoro pulire casa e mettere in ordine: mi rilassa tantissimo. Potrei farlo a qualunque ora del giorno, a volte faccio anche le ore piccole. Ballo, canto e…pulisco!

Cucinare? Avrei voglia di imparare: a volte mi piace farlo, altre volte ho meno voglia.